venerdì 12 dicembre 2008

La riforma che non riforma


Facciamo ridere i polli!
Nella scuola elementare torna il maestro unico. Solo a richiesta.
Una signora riforma, nulla da dire. Una farsa. L'ennesima farsa di stato.
Ma in Italia è sempre così. Le cose non funzionano, vanno ristrutturate e riformate. Uno spara la sua idea, gli altri protestano. Poi si tratta con i sindacati e ne esce sempre una soluzione a metà. Un brodino.
Facciamo ridere i polli!
Chi governa non ha coraggio. Chi si oppone ha idee malsane, anche a ruoli invertiti. Chi sta all’opposizione fa sempre e solo il bastian contrario, destra o sinistra che sia. E così escono soluzioni che non risolvono.

Manca coraggio e il paese affonda! Se si vuole fare una riforma strutturale significa che è il modello strutturale che non funziona. Chiaro come il sole. Se siamo d’accordo su questo punto, va proposta una nuova struttura, un nuovo modello strutturale che almeno in teoria porti i risultati che si vogliono ottenere. Così nasce una riforma. Una riforma che riforma.

In Italia le cose non stanno mai così. Prendi lo sciopero di oggi della Cgil. Siamo tutti d’accordo che tira aria di crisi a livello planetario. Destra e sinistra, tutto d’accordo. Tutti sostengono che il sistema bancario è in difficoltà, che l’impresa è in difficoltà, che crollano i consumi e che le famiglie faticano ad arrivare alla fine del mese. Proposta dei manifestanti? Più salari, più stipendi, più pensioni, più diritti.
Ottima idea, ma chi paga?
Le aziende in crisi? Le banche? Chi?

Rimbocchiamoci le maniche, altrochè. Facciamo vedere a questi lazzaroni, governatori e oppositori, di che pasta siamo fatti. Cominciamo a lavorare sul serio. Ne siamo capaci, lo siamo stati in passato lo possiamo essere adesso. Non è possibile che salga il livello di disoccupazione e contemporaneamente aumenti la richiesta di manodopera straniera per i lavori di fatica. E’ un dato che non sta insieme. E’ un’equazione che porta a un solo risultato: non vogliamo più fare i lavori di fatica.
Rimbocchiamoci le maniche. Mettiamoci a lavorare sul serio. Più lavoro, più salari, meno diritti.
Facciamo due conti. Prendiamo un milione di impiegati a 20 euro lordi l’ora (in Italia ce ne sono almeno cinque volte tanto e il risultato che segue è calcolato per difetto). Lasciamoli giocare a carte con il computer aziendale o di stato oppure facciamoli navigare in internet per un’oretta al giorno durante le ore d’ufficio. Sono 20 milioni di euro al giorno di puro spreco. 100 milioni di euro a settimana di stipendi buttati al vento. Più di 5 miliardi di euro l’anno di denaro rubato alle casse dello stato o delle aziende.
Più di 5 miliardi di euro che potremmo utilizzare, per esempio, per riformare strutturalmente la scuola.

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