lunedì 24 novembre 2008

Morti bianche

E’ una carneficina. Lo sapevano le famiglie dei minatori anni fa. Lo hanno sempre saputo le famiglie degli operai. E’ una carneficina.
Ora lo sanno anche i giornalisti. Anche loro, quelli di redazione, quelli che non scollano il culo dalla sedia se non per la pausa pranzo, se ne sono accorti. E oggi alla tele vanno di moda le morti bianche. Due tre persone al giorno perdono la vita sul lavoro. Segue il macabro elenco.
E noi ce la beviamo.
Ce la beviamo perché lo sapevamo già che esistevano lavori più pericolosi e altri meno pericolosi. Abbiamo sempre saputo che un minatore rischia un tantino in più di un semplice impiegato Inps. Eppure aspettiamo una legge che aggiusti le cose. Una legge che renderà sicuro il lavoro in miniera come all’Inps.
Ma dai, figuriamoci.

Ce la beviamo e facciamo le classifiche. Allora un operaio che cade dall’impalcatura è morte bianca. Un’impalcatura che cade con operaio al seguito è morte bianca. Un’impalcatura che cade con operaio al seguito su ignaro passante è omicidio colposo. Un’impalcatura che cade con operaio al seguito su folla di ignari passanti è strage, assassinio.
Idem sulle strade. Un camionista che si addormenta e si ammazza da solo è morte bianca. Un camionista che si addormenta e fa un strage in autostrada è un assassino.

E noi ce la beviamo. I giornalisti fanno la classifica e noi ce la beviamo. In pratica c’è morte e morte, quella che vale di più e quella che vale di meno. Un operaio che cade con l’impalcatura è un caduto innocente. Se c’è il passante sotto è più innocente di lui.
Ma dai. Figuriamoci che legge potrebbe uscirne fuori.
Io comincerei dai giornalisti. Abbasserei loro le paghe. Poi, prendendo atto che sarà sempre più pericolosa la miniera di una stanza d’ufficio, invertirei i fattori. Al minatore una bella robusta paga, perché rischia. All’impiegato, che rischia meno, una busta paga più bassa.

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